Il concordato preventivo è uno strumento che la legge mette a disposizione dell’imprenditore, in crisi o in stato di insolvenza, per evitare la dichiarazione di fallimento attraverso un accordo destinato a portare ad una soddisfazione anche parziale delle ragioni creditorie. Si chiama “preventivo” appunto per questa sua principale funzione di prevenire la più grave procedura che potrebbe seguire ad uno stato di dissesto finanziario. Il concordato preventivo è regolato dalla legge fallimentare (ossia dal Regio Decreto n. 267 del 16 marzo 1942) che negli ultimi anni ha subito una serie di interventi da parte del legislatore che hanno in qualche modo “ristrutturato” l’istituto con l’obiettivo di favorire il risanamento e soprattutto la prosecuzione dell’attività di impresa. Lo scopo del concordato preventivo, non è solo quello di tutelare l’imprenditore in difficoltà, ma anche i creditori. Se da un lato il debitore con l’accesso alla procedura può paralizzare ogni possibile azione esecutiva nei suoi confronti e mantenere l’amministrazione dell’impresa, sia pure con il limiti introdotti, i creditori, dal canto loro, possono evitate l’attesa dei tempi lunghi necessari per portare avanti la più complessa procedura fallimentare e conseguire, così, in tempi relativamente brevi il soddisfacimento quantomeno parziale del proprio credito. Al di là degli interessi dei soggetti direttamente coinvolti nel procedimento non si può negare che il concordato preventivo soddisfi anche il più ampio e generale interesse della società al mantenimento dell’operatività delle imprese e dei livelli occupazionali.
Le modifiche introdotte con il decreto sviluppo del 2012
Il cd. decreto sviluppo, convertito con la legge 134/2012, ha apportato rilevanti e sostanziali novità alla disciplina del concordato, ampliando anche gli effetti conseguenti all’ammissione della domanda, sia per i contratti che per i finanziamenti, nonché agevolando quegli imprenditori che mirano al superamento della crisi optando per una continuità aziendale
a) ha modificato l’art. 178 l.f ridelineando il ruolo della adunanza dei creditori, chiamandoli ad esaminare la proposta concordataria insieme al giudice delegato ed al debitore stesso, perciò nel processo verbale, oltre l’inserimento dei voti favorevoli e contrari e l’indicazione dei votanti e dei crediti, vengano inseriti anche i dato dei creditori che non hanno esercitato il loro diritto di voto, nonché l’ammontare del loro crediti;
b) l’art. 178 quarto comma l.f ha poi introdotto il cd. Silenzio assensoper cui i creditori assenti alla votazione di cui all’art. 177 L.F possono far pervenire il loro dissenso fino alla chiusura del processo, in mancanza del quale essi si presumono consenzienti, e pertanto, sono considerati ai fini del computo della maggioranza;
c)qualora il commissario ritenga che tra la fase di approvazione del concordato ed il giudizio di omologa siano mutate le condizioni di fattibilità del piano, tutti i creditori verranno avvisati del mutamento così che questi possa modificare i propri voti;
d) introduzione del concordato in bianco o con riserva che permette all’imprenditore di beneficiare immediatamente degli effetti che derivano dall’apertura della procedura concordataria , in presenza di una domanda incompleta del piano, della proposta e di parte della documentazione, si ha così l’interruzione o la sospensione delle azioni esecutive intraprese da parte dei singoli creditori nei confronti dell’imprenditore, cd. Automatic stay che opera, a norma dell’art. 168 L.F dalla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese ad opera del cancelliere entro il giorno successivo al deposito della domanda in cancelleria. Tale paralisi si estende, per effetto della novella legislativa anche alle azioni cautelari, ma non ai procedimenti a cognizione piena già instaurati o instaurati successivamente alla presentazione della domanda di concordato;
e) la presentazione di domanda di concordato con o senza riservatravolge le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori alla pubblicazione del ricorso;
f) importati modifiche hanno poi riguardato la sorte dei contratti in corso di esecuzione al momento del deposito della domanda di concordato in quanto il tribunale ha la possibilità di autorizzare il debitore a sciogliersi dai contratti in corso, se ciò si rilevi più favorevole al superamento della crisi.
g) il debitore può chiedere la conversione del concordato preventivo in una procedura di omologazione di accordo ex rat. 182 bis l.f.;
h) l’art. 186 bis l.f. regolamenta il concordato con continuità aziendale di cui si dirà infra.
Le modifiche introdotte con il decreto del fare del 2013
Con il cd decreto del fare il legislatore ha teso ad offrire maggioro garanzie informative ai creditori e al Tribunale nel caso di presentazione di richiesta di concordato in bianco dato che esso consente di anticipare gli effetti protettivi del patrimonio dell’impresa in crisi
a) è stato modificato il concordato in bianco;
b) è stato modificato l’art. 161 comma sesto l.f prevedendo che l’imprenditore che presenti domanda di concordato debba presentare non solo i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi ma anche l’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti;
c) sono poi stati aggiunti due periodi all’art. 161 comma sesto l.f. in base a cui il tribunale , nel fissare un termine per la presentazione del piano, può nominare il commissario giudiziale. Cosa che prima era possibile solo con il decreto con cui dichiara aperta la procedura di concordato e sui libri su cui è stato annotato il decreto di ammissione al concordato sono restituiti al debitore, che deve tenerli a disposizione del giudice delegato e del commissario giudiziale, così è stato previsto che il commissario giudiziale che accerti che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell’attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso atti di frode, deve riferirne al tribunale che può dichiarare improcedibile la domanda
d) è stata resa obbligatoria l’informativa finanziaria mensile da inserire nel registro delle imprese entro le ventiquattrore successive al deposito;
e) il tribunale ha la possibilità di nominare un commissario giudiziale con il decreto che fissa il termine per il deposito del piano di concordato che avrà il compito di vigilare sull’attività di amministrazione dei beni svolta dal debitore, deve inoltre vigilare su eventuali comportamenti fraudolenti del debitore;
f) ha previsto oltre alla allegazione dell’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti unitamente a quella degli ultimi tre bilanci di esercizi ed alla possibilità per il Tribunale di nominare un commissario giudiziale, il potere-dovere di quest’ultimo di riferire immediatamente al tribunale quando accerta che il debitore ha posto in essere una delle condotte previste all’art. 173 l.f., così da valutare il compimenti di atti frode o posti in essere in danno dei creditori.
g) è stato poi integrato l’art. 161 al comma sette l.f. il debitore previa autorizzazione del Tribunale può compiere atti straordinari ed urgenti previa acquisizione del parere del Commissario giudiziale.
Requisiti per l’ammissione alla procedura di Concordato Preventivo
Presupposto soggettivo
Ai sensi dell’art. 160l.f. l’ammissione alla procedura concordataria presuppone la qualità di imprenditore commerciale, collettivo o individuale, del debitore che superi i limiti dimensionali di cui all’art. 1 L. Fall, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa a prescindere al superamento dei requisiti dimensionali di fallibilità, quelle assoggettabili a procedura di amministrazione straordinaria ex legge Prodi Bis e legge Marzano, gli enti ditipo associativo e le fondazioni che svolgano esclusivamente o prevalentemente attività commerciale, le società in liquidazione e le società irregolari o di fatto.
L’ammissione allo strumento concordatario rimane escluso peri piccoli imprenditori, gli imprenditori agricoli, le società semplici, le associazioni non riconosciute e gli enti pubblici.
A seguito dell’intervento legislativo del 2005 sono venuti meno, i cd. Requisiti di meritevolezza soggettiva dell’imprenditore ricorrente e dunque l’iscrizione nel registro delle imprese del ricorrente, la regolare tenuta della contabilità nel biennio precedente, l’assenza di procedure concorsuali a proprio carico nei cinque anni precedenti, il non essere stato condannato per bancarotta o per delitto contro il patrimonio, fede pubblica.
Tuttavia l’art. 173 l.f prevede che il compimento di attività consapevolmente dirette ad alterare il soddisfacimento dei creditori, come l’occultamento o la dissimulazione di parte dell’attivo comunque il compimento di atti finalizzati a frodare le ragioni creditorie, possano pregiudicare l’ammissione alla procedura concordataria e dunque giungere ad un declaratoria di inammissibilità e ciò deve essere letto in combinato disposto con l ‘art. 161 l.f., come novellato dal cd.decreto del fare che ha previsto che il Tribunale possa nominare il commissario giudiziale di cui all’art. 163 l.f. secondo comma n. 3 e si applica l’art. 170, secondo comma, per cui il commissario giudiziale quando accertache il debitore ha posto in essere una delle condotte previste all’art. 173 l.f., deve riferirne immediatamente al Tribunale che verificata la sussistenza delle condotte stesse , può, con decreto, dichiarare improcedibile la domanda e su istanza del creditore o su richiesta del Pubblico ministero, dichiara il fallimento.
Presupposto oggettivo
LO STATO DI CRISI NOZIONE DI INSOLVENZA
La presentazione della proposta concordataria presuppone che l’imprenditore si trovi in stato di crisi. Dottrina e giurisprudenza oggi concordano nel ritenere che la nozionedi crisi possa ricomprendere anche l’insolvenza a prescindere dalla circostanza che essa sia reversibile o meno
LIMITE TEMPORALE
La nuova formulazione dell’art. 160 l.f., non prevede più che il concordato possa essere richiesto fino a che non sia intervenuta sentenza di fallimento. Si è posto pertanto il problema del rapporto intercorrente tra domanda di concordato preventivo e procedimento per la dichiarazione di fallimento. A seguiti di difformi orientamenti giurisprudenziali e dottrinali è poi stato ritenuto da numerose pronunce di merito che la presentazione della domanda di concordato, pur non comportando l’improcedibilità delle istanze di fallimento, ne comporti solo la sospensione fino al momento in cui non sia intervenuta una valutazione di ammissibilità del presentato concordato. Si è perciò parlato di coordinamento organizzativo. Le Sezioni Unite con sentenza 1521 del 2013 hanno parlato di rapporto di conseguenzialità.
Il procedimento
Il Tribunale esamina la domanda di concordata in sede collegiale e a norma dell’art. 162 l.f può richiedere al debitore di apportare entro quindici giorni, integrazioni al piano e/o produrre nuovi documenti. La domanda originaria può poi essere integrata con il deposito di nuovi documenti. Per quanto concerne il piano gli interventi integrativi potranno consistere non solo in delucidazioni volti a rendere maggiormente comprensibile ogni suo aspetto ma potranno integrare anche vere e proprie modifiche sostanziali. L’art. 162 L.F. prevede la possibilità di integrare l’originaria domanda mediante il deposito di nuovi documenti. Tribunale ha poi il potere di disporre una consulenza d’ufficio al fine di valutare la relazione sulla fattibilità del piano.
Il debitore
Il debitore non si limita alla mera sottoscrizione della proposta concordataria. L’art. 162 l.f dispone che “ il il Tribunale, se all’esito del procedimento verifica che non ricorrono i presupposti di cui all’art. 160, commi primo e secondo, e 161, sentito il debitore in camera di consiglio, con decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta di concordato” il Tribunale perciò deve convocarlo al fine di consentirgli l’esercizio del diritto di difesa nel caso in cui ritenga di procedere ad una dichiarazione di inammissibilità della proposta presentata, ma la sua audizione può giocare un ruolo fondamentale al fine di consentire una migliore valutazione della proposta ed i suoi dettagli. Il debitore verrà poi sentito secondo i termini e le modalità dettate dall’art. 15 l.fall., sarà perciò necessario un provvedimento del Tribunale, sottoscritto dal presidente o dal Giudice relatore. Tra la la data di notifica del provvedimento di convocazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni, ovvero quello minore determinato dal Presidente con decreto motivato, dove ricorrano motivi di urgenza. Anche il questa fase il Pubblico Ministero continua ad avere un ruolo di rilievo, per la presenza di interessi di natura pubblicistica in seno alla procedura. La domanda di ammissione deve essere trasmessa alla sua attenzione ma con la modifica del 2007, non è più previsto che esso partecipi alla audizione del debitore, quale condizione ostativa per l’ulteriore svolgimento del procedimento. Potrà infine chiedere la dichiarazione di fallimento del debitore in caso di inammissibilità della domanda, mancata approvazione del concordato e rigetto dell’omologa.
Il cosiddetto Concordato in bianco
L’art. 82 del d.l. n. 69/2013 cd. “decreto del fare” ha modificato la previsione di cui all’art. 161 comma 6 l.fall. consentendo all’imprenditore di depositare il ricorso per l’ammissione al concordato preventivo con l’unico supporto documentale dei bilanci degli ultimi tre esercizi e dell’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare in un secondo momento la proposta ai creditori, il piano concordatario, l’attestazione sulla veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità del piano nonché tutta la ulteriore documentazione prescritta secondo l’art. 161 l.f – Il debitore che richieda l’ammissione alla procedura concordataria minore ha la possibilità di depositare la sola domanda, con conseguenti effetti prenotativi, differendo ad un secondo momento la presentazione dell’ulteriore documentazione, si parla di concordato in bianco. Esso premette al debitore di beneficiare prima della protezione che consegue alla procedura concorsuale evitando che il proprio patrimonio venga aggredito dai creditori nel periodo necessario per redigere l’ulteriore documentazione.
L’art. 161 l.f prescrive che Il debitore deve presentare con il ricorso :
a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;
b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
c) l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili;
e) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta
Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo. Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano (2).
Ancora per ciò che più ci interessa per delineare l’istituto in parole l’art. 161 l.f. dispone che
“L’imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice, compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all’omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi dell’articolo 182-bis, primo comma. In mancanza, si applica l’articolo 162, commi secondo e terzo. Con decreto motivato che fissa il termine di cui al primo periodo, il tribunale può nominare il commissario giudiziale di cui all’articolo 163, secondo comma, n. 3; si applica l’articolo 170, secondo comma. Il commissario giudiziale, quando accerta che il debitore ha posto in essere una delle condotte previste dall’articolo 173, deve riferirne immediatamente al tribunale che, nelle forme del procedimento di cui all’articolo 15 e verificata la sussistenza delle condotte stesse, può, con decreto, dichiarare improcedibile la domanda e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza reclamabile a norma dell’articolo 18”. La possibilità di presentare un concordato in bianco ha posto di fatto non poche difficoltà interpretative ed applicative ci sì è infatti posti il problema di quale debba essere il suo contenuto minimo.
A tal proposito è stato sostenuto che debba essere allegato 1) i bilanci degli ultimi tre esercizi e l’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti; 2) una situazione patrimoniale aggiornata per consentire al giudice di verificare l’esistenza dello stato di crisi; 3) una visura del registro delle imprese per verificare la competenza del tribunale. La giurisprudenza ha ritenuto che, nel caso di presentazione della domanda in bianco a norma del 161 comma sesto l.f il collegio sia chiamato a valutare la sussistenza della competenza per territorio e l’accessibilità dell’imprenditore alla procedura concorsuale da un punto di vista oggettivo e soggettivo. In caso di domanda con riserva il Tribunale deve valutare i presupposti della domanda stessa, eventualmente anche espletando un’attività istruttoria al fine di acquisire documenti ed informazioni. A fronte di una domanda di concordato priva di documentazione il Tribunale ragionevolmente non potrà autorizzare il compimento di atti che accedano l’ordinaria amministrazione.
Il giudice inoltre, a norma dell’art. 161, comma 8 l.f. come modificato dall’art. 82 del d.l. 69/2013, cd. Decreto del fare, ha previsto precipui obblighi informativi statuendo che “Con il decreto che fissa il termine di cui al sesto comma, primo periodo, il tribunale deve disporre gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attività compiuta ai fini della predisposizione della proposta e del piano, che il debitore deve assolvere, con periodicità almeno mensile e sotto la vigilanza del commissario giudiziale se nominato, sino alla scadenza del termine fissato. Il debitore, con periodicità mensile, deposita una situazione finanziaria dell’impresa che, entro il giorno successivo, è pubblicata nel registro delle imprese a cura del cancelliere. In caso di violazione di tali obblighi, si applica l’articolo 162, commi secondo e terzo. Quando risulta che l’attività compiuta dal debitore è manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta e del piano, il tribunale, anche d’ufficio, sentito il debitore e il commissario giudiziale se nominato, abbrevia il termine fissato con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo. Il tribunale può in ogni momento sentire i creditori”.
A norma dell’art. 168 l.f. dalla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, i creditori per titolo o causa anteriore alla pubblicazione stessa non possono iniziare o proseguire azione esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore. A partire da tale momento il debitore può contare sulla protezione della procedura per il tempo necessario per predisporre il proprio piano. Per evitare in ricorso ad un utilizzo surrettizio dello strumento concordatario sono stati perciò introdotti gli obblighi informativi periodici con cadenza, almeno mensile, di cui si diceva precedentemente, capaci di tenere il Tribunale adeguatamente informato in ordine alla gestione finanziaria dell’impresa in crisi a norma dell’ottavo comma dell’art. 161 l.f.
Il tribunale fissa, motivandone le ragioni, un termine non inferiore a 60 giorni, né superiore a 120 giorni per procedere alla integrazione con la presentazione del piano o della proposta.
A) Se alla domanda di concordato con riserva, non segue, nel termine fissato dal giudice, il deposito del piano, il Tribunale dichiara inammissibile il ricorso e gli effetti protettivi vengono meno
B) Se il Tribunale ritiene che non vi siano le condizioni dichiara il ricorso inammissibile.
Contenuto del ricorso
Dal combinato disposto dell’art. 161 commi primo, secondo, terzo e sesto l.f ricaviamo i contenuti del ricorso ed in particolare tale ultimo comma, prevede che il piano e la documentazione possano essere allegati in un secondo momento. Si tratta
- della relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale del debitore;
- lo stato analitico estimativo delle attività;
- l’elenco dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
- l’elenco dei titolari di diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
- la relazione del professionista attestatore;
- l’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti;
- i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi.
È evidente come il ricorso, potrà non contenere la proposta rivolta ai creditori. Il debitore in ogni caso deve dimostrare di essere in possesso dei requisivi soggettivi ed oggettivi di legge. Nel ricorso viene inserita la storia dell’impresa e le informazioni essenziali relative alla composizione degli organi societari, informazioni sulla passata e sull’attuale situazione patrimoniale, così da permettere di valutare la situazione di crisi. Il piano indicante le concrete modalità di soddisfazione del ceto creditorio deve essere depositato entro un termine compreso tra i sessanta ed i centoventi giorni, ulteriormente prorogabile di sessanta giorni per giustificati motivi.
Gli effetti della domanda di Concordato di preventivo
Per effetto della presentazione della domanda di concordato il debitore accede automaticamente alle protezioni di cui all’art. 168 l.f .
Tale automatismo è infatti escluso in due sole ipotesi
- nel caso in cui l’imprenditore abbia già presentato una domanda cui non abbia fatto seguito l’ammissione al concordato ovvero l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione del debito nei due anni precedenti;
- nel caso in cui la domanda non sia corredata dai bilanci degli ultimi tre esercizi o dall’elenco dei creditori.
Tutto ciò è controbilanciato dalla previsione di precipui obblighi informativi periodici, che vengono fissati dal Tribunale con il decreto nel quale dispone il termine entro cui presentare il piano. In questo periodo ai debitori è inibito, pena la nullità, di proseguire o intraprendere azioni esecutive o cautelari sui beni del debitore. Il comma terzo dell’art. 168 l.f. dispone inoltre l’inefficacia nei confronti dei creditori concorsuali delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori alla pubblicazione del ricorso ex art. 161 l.f. tale inefficacia tuttavia non ha carattere assoluto essendo destinata a venir meno, con effetto retroattivo, in ipotesi nelle quali la tutela concordataria venga meno prima dell’omologazione. In tale ultima ipotesi caso l’ipoteca iscritta riprenderà la sua efficacia , salva revocatoria fallimentare che venga ulteriormente esperita dal curatore.
L’art. 168 l.f. prevede inoltre prevede la nullità delle azioni esecutive e cautelari intraprese successivamente alla pubblicazione del ricorso. Il medesimo effetto protettivo si ha medio tempore nel periodo necessario per la predisposizione ed il raggiungimento di un accordo con i creditori per la ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l.f come previsto al sesto comma dell’art. 161 l.f. ciò consente al debitore di usufruire dell’effetto protettivo per un termine ben maggiore rispetto alla sola proposta di concordato che può arrivare a trecentosessanta giorni. Per evitare utilizzi distorti di questo strumento il legislatore all’art. 69- bis l.f ha introdotto un secondo comma nel quale è stato previsto che, qualora alla domanda di concordato faccia seguito una dichiarazione di fallimento i termini dell’azione revocatoria e quelli di cui agli artt. 64,65 e 69 l.f. retroagiscono alla data di pubblicazione del ricorso ex art. 61 l.f.
Per ciò che concerne la sorte dei crediti occorre fare un preliminare distinguo
- Crediti sorti successivamente alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso ex art. 161l.f. essi sono ritenuti prededucibili ai sensi dell’art. 111, a meno che non si tratti di atti di straordinaria amministrazione non previamente autorizzati dal Tribunale.
- Crediti da finanziamento al comma 1 del nuovo 182 quinquies il legislatore ha previsto che il debitore possa chiedere al Tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti prededucibili, alla condizione che essi siani destinati a consentire un miglior soddisfacimento delle ragioni del ceto creditorio e che ciò sia attestato dalla relazione di un professionista avente i requisiti dell’art. 67 comm 3 lett. D).
- Creditori concorsuali che chiedono uno specifico trattamento nel periodo interinale. Si pensi alla sorte dei crediti derivanti dall scioglimento di contratti in corso di esecuzione per cui il nuovo 169 –bis è previsto che qualora il tribunale autorizzi il debitore a sciogliersi dai contratti pendenti al momento del deposito della domanda, la controparte avrà diritto ad un indennizzo, che sarà un credito di natura concorsuale.
- Nel Concordato con continuità aziendale, l’art. 182-quinquies comma quarto, prevede che il debitore possa chiedere al Tribunale di essere autorizzato a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi essenziali alla prosecuzione dell’attività d’impresa per un miglior soddisfacimento delle ragioni creditorie.
Gli atti di Ordinaria e Straordinaria Amministrazione
Il cd. Decreto sviluppo ha disciplinato i poteri di amministrazione straordinaria ed ordinaria previsti per l’impresa in crisi nel periodo intercorrente tra la data del deposito del ricorso e il decreto di ammissione alla procedura concorsuale. L’art. 161 comma 7 l.f a tal proposito dispone che “ dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all’art. 163 il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni. Nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore può compiere gli atti di ordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto di atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell’art. 111 “.
In merito alla nozione di atto di ordinaria e di straordinaria amministrazione la Cassazione ha ribadito che il discrimen non deve essere ravvisato nella natura conservativa dei primi e nel carattere dispositivo dei secondi, in quando quest’ultimo aspetto è insito in ogni esercizio di attività di impresa, tuttavia gli atti di straordinaria amministrazione sono quelli che modificano la struttura economico organizzativa dell’impresa.
È stato ritenuto che la previsione di cui all’art.- 169 bis l.f. in base al quale l’imprenditore, per poter sciogliere i contratti di esecuzione sia tenuto a richiedere, nel corso del concordato, una autorizzazione da parte del Tribunale competente significa che la continuazione costituisce la regola e l’eventuale scioglimento l’eccezione. La giurisprudenza di legittimità tende in ogni caso e ricondurre gli atti di ordinaria di amministrazioni a quegli atti che inerenti alla gestione dell’azienda, strettamente necessarie per le finalità dell’azienda e che migliorinoo conservino il patrimonio aziendale. Vengono altresì considerati atti di straordinaria amministrazione quelli suscettibili di ridurre il patrimonio aziendale.
Il Concordato con riserva e fallibilità
L’introduzione del concordato in bianco se da un lato avrebbe dovuto favorire l’emersione della crisi dall’altro lato ha portato con sé i rischi relativi ad un utilizzo distorto dello strumento. Uno degli aspetti più problematici è costituito dal rapporto tra dichiarazione di fallimento e presentazione di domanda di concordato preventivo con riserva.
I vari tipi di Concordato
La proposta del debitore non può avere un contenuto indefinito esse deve risultare in un piano, ossia un programma di azioni coordinate per il raggiungimento degli obiettivi prefissati il nuovo art. 161 comma secondo l.f. prescrive che insieme con la proposta debba essere presentato un “piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta”. Le norme vigenti non danno una definizione di piano o di proposta di concordato. La proposta è di concordato è l’offerta impegnativa di un diverso adempimento/ soddisfacimento delle obbligazioni, secondo una nuova modulazione essa indica l’obiettivo da perseguire
Il piano è il programma dettagliato e complesso riferito a singole operazioni, tra loro coordinate al fine di pervenire al risultato voluto esso indica quali siano gli strumenti utilizzati per raggiungere l’obiettivo perseguito. Una volta delineato il piano esso viene sottoposto al vaglio dei creditori, per tali motivi la proposta deve poggiare su di un piano articolato e dettagliato capace di dimostrare tecnicamente come verranno soddisfatti i debitori. L’esistenza e la completezza della proposta e del piano , nonché la serietà e congruità degli obiettivi perseguiti sono sottoposti a numerose verifiche che passano per la figura del professionista attestatore, del Tribunale, del Commissario e dei creditori. Con la proposta di concordato l’imprenditore può presentare ai creditori una delle forme tipiche del loro soddisfacimento , come atipiche che prevedano la dismissione di determinati settori, riduzioni del personale, come potrebbe ricorrere a forme miste.
Possibili contenuti del piano, l’art. 160 comma 1 l.f. dispone che esso possa prevedere:
- la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;
- l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore;
- la suddivisione in classi secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei;
- trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse. In particolare unitamente al piano, il debitore può compiere alcune scelte nel corso del procedimento, prevedendo la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi omogenei stabilendo che i creditori assistiti da un diritto di prelazione non siano soddisfatti integralmente, ma nei limiti della stessa normativa, che i debiti tributari e previdenziali siano soddisfatti in misura percentuale.
Il Piano deve inoltre indicare i tempi e le modalità di adempimento della proposta.
In particolare il concordato con cessione di beni
Esso si pone in ottica liquidatoria permette la cessione di beni facenti parte del compendio mobiliare ed immobiliare della ricorrente ed il soddisfacimento dei creditori sulla base per ricavato. Esso potrebbe ricomprendere anche beni futuri o rientranti nel patrimonio personale dell’imprenditore nel caso di ditta individuale o di società di persone. Sono venuti meno invece i limiti percentuali imposti dalla precedente normativi e indirizzati a garantire il soddisfacimento dei creditori. Ogni valutazione economica resta rimessa ai creditori.
Queste in sintesi le diverse ipotesi di cessione realizzabili:
a) Cessione traslativa nel caso in cui venga previsto il trasferimento della proprietà di beni a tutti o alcuni dei creditori;
b) Cessione con garanzia di pagamento dei creditori;
c) Cessioni bonorum con patto di deroga, quando il soddisfacimento viene rimesso alla ripartizione del ricavato della liquidazione, senza alcun impegno da parte del debitore sulla misura del soddisfacimento.
Il concordato con assunzione in garanzia
Esso mira al mantenimento delle attività aziendali e non alla loro liquidazione. Nel caso di specie l’assuntore si accolla l’obbligo di adempiere alla proposta concordataria, garantendo la soddisfazione del ceto creditorio. Tra le forme più ricorrenti vi è quella del contratto di affitto di azienda. Il piano deve essere imperniato su un affitto o su una cessione aziendale.L’assuntore si accolla gli obblighi concordatari , l’art. 160 l.f non specifica se l’assuntore possa limitare la propria responsabilità.
La suddivisione in classi dei debitori
Il ricorrente ha la facoltà di prevedere nel piano di concordato la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica ed interessi omogenei e trattamenti differenziati tra i creditori appartenenti alle diverse classi. No è invece consentito prevedere trattamenti diversi per i creditori appartenenti alla medesima classe. La suddivisione in classi può avere un ruolo di primo piano sull’esito della procedura concorsuale, ove si consideri che il concordato è approvato se il consenso viene manifestato dai creditori che rappresentano. Si tratta pur sempre però di una possibilità. Nel silenzio della legge stato tuttavia ritenuto che, qualora il debitore ricorra alla suddivisione in classi le ragioni delle sue scelte debbano essere adeguatamente motivate, così da consentire al Tribunale il suo giudizio ex art. 163 l.f. Estremamente controverso è poi il contenuto del provvedimento che il tribunale deve pronunciare per il caso in cui sia valutata la non corretta formazione delle classi e, in particolare, se questo giudizio debba necessariamente condurre alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, ovvero se il ricorrente possa essere invitato a ripresentare la propria proposta tesi quest’ultima che la giurisprudenza e la dottrina sembrano preferire e qualora le modifica abbiano carattere sostanziale sarà necessario presentare una nuova attestazione del professionista.
La suddivisione con continuità aziendale
Il decreto sviluppo ha teso a favorire ed incentivare la continuità aziendale, così da garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e favorire la sopravvivenza delle imprese in crisi. Il concordato preventivo dunque non è più concepito come strumento essenzialmente liquidatorio dell’attività in quanto l’interesse dei creditori poteva coincidere con la continuazione dell’attività di impresa, perciò sono stati favoriti concordati che prevedano modalità di risanamento, in questa prospettiva all’art. 186- bis l.f è stato istituzionalizzato il concordato con continuità aziendale, così da consentire il mantenimento dei valori aziendali, dell’avviamento etc. I creditori sono soddisfatti non attraverso i proventi della vendita dei cespiti aziendali, bensì attraverso i movimenti finanziari derivanti dalla continuità aziendale.
Il concordato con continuità aziendale è definito come la procedura che preveda la “ prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento della stessa in una o più società, anche se di nuova costituzione. Il concordato con continuità si applica non solo nell’ipotesi di continuazione dell’attività d’impresa da parte del medesimo imprenditore ricorrente, ma anche di prosecuzione dell’attività da parte di società cessionaria o da parte di altre società già esistenti o di nuova costituzione, cui venga conferita l’azienda in esercizio.
Occorre dunque una continuazione dell’attività imprenditoriale anche nel caso in cui il progetto di risanamento preveda la liquidazione di beni non funzionali allo svolgimento dell’attività.
a) La prima fattispecie prevista all’art. 186 bis l.f riguarda l’ipotesi in cui l’attività d’impresa è proseguita dal debitore e il soddisfacimento dei creditori ha luogo, in tutto o in parte con le fonti derivanti dalla continuità aziendale
b) In altre ipotesi abbiamo la cessione, ossia il trasferimento del complesso aziendale o di un ramo di azienda in capo ad un altro soggetto imprenditoriale dietro pagamento di un prezzo o il conferimento, ossia il trasferimento dell’azienda o di un ramo dotato di autonomia funzionale , ricevendo come contropartita l’attribuzione di una partecipazione al capitale della società conferità della stessa ad una o più società;
Il contenuto del piano Ex Art. 186 bis
In caso di concordato con cessione di beni l’art. 186 bis impone che il piano e la relazione attestatrice abbiano dei requisiti ulteriori rispetto alle altre ipotesi in particolare il piano non può prescindere dalla verifica del risanamento dell’impresa sia in termini di ripristino di una situazione di equilibrio finanziario che di esclusione che si prospetti una nuova situazione di insolvenza. Nel piano deve essere specificato che si tratta di concordato con continuità aziendale, dovranno essere indicati in modo analitico e dettagliato i costi ed i ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività, nonché la descrizione delle modalità con cui si intende finanziare l’attività. In difetto di simili elementi non vi sarebbe possibilità di valutare la fattibilità della proposta. Il piano deve ottenere il voto favorevole dei creditori perciò deve indicare eventuali azioni industriali da intraprendere, sulla base di una analisi di mercato.
Nel piano dovranno poi essere indicati i tempi previsti per l’adempimento della proposta ciò assume un ruolo importante per valutare le l’attività si stia discostando dagli obiettivi prefissati, l’art. 186 bis l.f prevede che l’ammissione al concordato può essere revocata qualora mutino le condizioni di fattibilità del piano, in modo tale da risultare l’esercizio dell’attività “ manifestamente dannoso per i creditori. In ogni caso qualora il concordato preveda il soddisfacimento dei creditori attraverso la cessione ad un nuovo soggetto imprenditoriale, con pagamento immediato del prezzo da parte di quet’ultimo, è stato ritenuto che il piano non debba contemplare le dinamiche dell’azienda una volta che sia trasferita al cessionaria. Diverso il caso in cui sia previsto che i creditori vengano soddisfatti attraverso flussi generati dalla gestione dell’azienda.
Per quanto concerne le risorse finanziarie e le modalità di copertura dei costi per lo svolgimento dell’attività di impresa a norma dell’art. 182 quinquies prevede la facoltà di richiedere al Tribunale di essere autorizzati a contrarre finanziamenti, qualora attesti che tali finanziamenti siano funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori. Il concordato con continuità deve essere “ funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori” e ciò impone un raffronto con una proposta di tipo liquidatorio. Inoltre la maggiore convenienza della soluzione prescelta dovrà essere attestata dal professionista incaricato di predisporre la relazione sulla veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano concordatario, il professionista dovrà valutare l’idoneità del piano a superare la situazione di crisi . esso è dunque chiamato ad effettuare una valutazione di tipo prognostico. Circa i risultati attesi dalla prosecuzione dell’attività e raffrontarli con soluzioni di tipo liquidatorio. Il piano poi potrebbe prevedere la liquidazione di asset non funzionali alla prosecuzione dell’attività di impresa.
Deliberazione del Concordato
Per procedere all’omologa del concordato è necessario, ma non sufficiente:
- l’adunanza dei creditori;
- il raggiungimento delle maggioranze.
Il Tribunale è infatti chiamato a verificare:
a) che la relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa contenga una dettagliata esposizione della stessa;
b) che lo stato analitico estimatimativo delle attività sia idoneo;
c) che la relazione del professionista sia adeguatamente motivata.
Non deve invece verificare la veridicità dei dati, compito questo riservato al Commissario nominato dopo l’apertura della procedura. Il tribunale deve infatti garantire la formazione di un consenso consapevole ed informato dei creditori sulla convenienza della proposta portata alla loro attenzione, perciò deve verificare la completezza, la regolarità e coerenza della documentazione. Come ribadito con sentenza nr. 1521 del 2013 il Tribunale deve basarsi sulla relazione del professionista per decidere se l’operazione può essere autorizzata e non esamina il merito della proposta, che compete al creditori.
Il tribunale verificata la sussistenza dei presupposti:
- con decreto motivato dichiara aperta la procedura di concordato
- nomina il Giudice delegato;
- nomina il Commissario giudiziale;
- nomina i creditori entro 30 giorni dalla data del provvedimento, fissando la data dell’udienza,
- stabilisce il termine, non superiore a quindici giorni per il deposito in cancelleria della somma pari al 50% delle spese che si presumono necessarie per l’intera procedura. In mancanza del deposito si ha la revoca del concordato.
- Con il decreto il tribunale dispone obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell’impresa e all’attività compiuta
- Il decreto di ammissione è reso pubblico dal cancelliere.
Dopo l’ammissione il debitore non può effettuare alcun pagamento, né può intraprendere azioni o sottoscrivere contratti senza l’autorizzazione del Giudice delegato.
A seguito del cd. decreto del fare dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui al’art. 163 l.f il debitore può compiere atti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del Tribunale che potrà assumere informazioni in materia e chiedere il parere del commissario.
Il debitore deve mensilmente depositare una situazione finanziaria dell’impresa che, entro il giorno successivo è pubblicata nel registro delle imprese a cura del cancelliere. Il Tribunale può in ogni momento sentire i creditori. La domanda è inammissibile se il debitore nei due anni precedenti ha presentato altra domanda di concordato cui non abbia fatto seguito la sua ammissione.
Il commissario procede:
- alla verifica dei creditori sulla base delle scritture contabili ed invia e questi a mezzo di posta elettronica certificata o a mezzo raccomandata A/R un avviso contenente la proposta e la data di convocazione per l’udienza fissata dal Tribunale, il decreto di ammissione;
- Procede all’inventario dei beni;
- predispone la relazione delle cause di dissesto, sulla proposta di concordato depositandola almeno dieci giorni prima dell’udienza di adunanza dei creditori;
- all’adunanza dei creditori davanti al Giudice delegato illustra la propria relazione.
Il Giudice apre la votazione necessaria per verificare il raggiungimento delle maggioranze previste. Coloro che non hanno votato possono far pervenire il proprio dissenso per telegramma o fax nei venti giorni successivi. Vale poi la regola del silenzio assenso.
Decorsi i venti giorni il Giudice Delegato:
A) Se le prescritte maggioranze non sono state raggiunte il Tribunale fissa un udienza ex art. 162 comma 2 l.f.
B) Se la maggioranza è stata raggiunta il tribunale fissa l’udienza per la comparizione delle parti e del commissario. Quest’ultimo entro dieci giorni deposita il proprio parere motivato. I creditori ed ogni altro interessato potrà proporre opposizione nei trenta giorni successivi. Il tribunale decise le opposizioni eventualmente proposte decreta l’omologazione. Provvedimento reclamabile in Corte d’Appello nei quindici giorni successivi.
Il decreto di omologa è pubblicato ai sensi dell’art. 17 l.f. ed è provvisoriamente esecutivo
Procedimenti successivi all’immissione del concordato
Subito dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo e prima che su questa siano chiamati a deliberare i creditori, il giudice delegato deve immediatamente annotare il decreto di ammissione sotto l’ultima scrittura dei libri contabili che vengono restituiti al debitore il quale, a norma dell’art. 170 secondo comma legge fallimentare. I libri devono poi rimanere a disposizione del commissario giudiziale e del giudice delegato. La ragione giustificativa di questa previsione normativa la si comprende tenendo in considerazione come l’imprenditore durante l’intera procedura concordataria conserva la sua completa capacità di agire con la piena disponibilità, per quanto concerne l’amministrazione dei suoi beni, nonostante i commissario giudiziale sia chiamato a vigilare sul suo operato e nonostante il compimento degli atti di straordinaria amministrazione, come già anticipato debbano essere autorizzati dal Giudice Delegato, pena l’inefficacia relativa nei confronti dei creditori concorsuali, ossia antecedenti al concordato. Un altro aspetto su cui soffermarsi sono i Cd.provvedimenti immediati. Con tale espressione si ricomprendono, tutte quelle attività che consentono di raccogliere elementi di conoscenza utili per disporre di un quadro completo della situazione dell’impresa, così da poter valutare la reale possibilità di realizzare il piano del debitore nei confronti dei debitori e di deliberare sulla proposta concordataria. In sintesi con tale espressione ci riferiamo a tutta quella serie di attività volte a raccogliere elementi di conoscenza utili in modo tale da avere una visione esauriente e un quadro più completo possibile della situazione dell’impresa, così da poter verificare se sussistano margini per una reale fattibilità del piano del debitore.
L’art. 170 L.F, come già detto, stabilisce che il Giudice Delegato, immediatamente dopo il decreto di ammissione al concordato ne faccia annotazione sotto l’ultima scrittura dei libri presentati e che i libri vengono restituiti al debitore il quale deve tenerli a disposizione del Giudice delegato e del Commissario Giudiziario. Se, a seguito della riforma del 2006, è venuto meno l’obbligo del deposito delle scritture contabili, quale condizione di ammissibilità alla procedura concordataria, bisogna tener in considerazione che, grazie al deposito di tali scritture, il giudice vi appone l’annotazione di cui al richiamato articolo, annotazione sulla cui funzione si è variamente discusso e che, secondo taluni assolve alla funzione di “cristallizzare” la posizione economico-sociale del debitore al momento della presentazione della richiesta di concordato,mentre per altri connoterebbe la chiusura della amministrazione del debitore concordatario, nonostante quest’ultimo continui la sua attività e le sue annotazioni.
La più recente dottrina tende a porre l’accento sulla funzione di pubblicità cautelare della annotazione, così da separare la passata attività da quella concorsuale che viene in questo modo resa nota a coloro che abbiano modo di vedere le scritture contabili dell’impresa. In questa prospettiva, nonostante non sia più richiesto il deposito della scritture contabili insieme al deposito del ricorso, pare coerente ritenere che ciò sia necessario in quanto implicitamente richiesto dall’art. 170 L.F. Tuttavia il mancato deposito non preclude più, come avveniva in precedenza, la verifica della sussistenza delle condizioni di ammissione al concordato con conseguente rigetto del ricorso. Oggi l’annotazione è una mera formalità conseguente all’apertura della procedura ed il deposito non è condizione per l’emanazione del provvedimento, pur risultando una formalità a cui il Giudice deve provvedere “immediatamente” dopo il decreto di ammissione al concordato. Per tale motivi si ritiene che il Tribunale debba richiedere il deposito, tramite gli organi di cancelleria prima che venga emesso il decreto e se a ciò non si provvedesse, con lo stesso decreto di apertura del concordato, il giudice può ordinare il deposito delle scritture per l’apposizione dell’annotazione entro un congruo termine, così come riconosciuto dal Tribunale di Mondovì del 15 aprile 2005. Non sono poi mancate pronunce nelle quali è stato riconosciuto che l’annotazione, in caso di mancato deposito, possa essere disposta presso la sede della società dal Giudice delegato in occasione di sopralluogo effettuato presso questa
Un altro aspetto problematico è rappresentato da quali debbano essere ricomprese tra le scritture contabili del 161 L.F, cui il 170 L.F. rinvia, quando parla di libri presentati, nonché quando e come deve essere eseguita l’annotazione il caso di registri tenuti su supporti informatici. È Parso coerente ritenere che, ai fini della individuazione delle scritture contabili, si debba fare riferimento all’art. 2214 cc e perciò al libro giornale, libro inventario, le scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa, nonché ai registri tenuti ai sensi del d.p.r 633/1972, andranno vidimati il libro giornale, il libro degli inventari, i registri I.V.A. e tutte le scritture che l’impresa in considerazione della sua natura e delle sue dimensioni è chiamata a tenere nonchè tutte quelle scritture che consentono i ricostruire il patrimonio ed il movimento di affari della società. Taluni hanno ritenuto che non si possa escludere, in caso di società, di dover vidimare libri sociali cioè libri delle adunanze, delle deliberazioni delle assemblee, del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale. Quando invece i libri sono tenuti mediante sistema informatico è necessaria la stampa su supporto cartaceo. Una volta eseguite tutte le annotazioni i libri vengono restituiti al debitore il quale sarà onerato dall’ obbligo di tenerli a disposizione del giudice delegato e del commissario giudiziale che potranno richiederne il qualunque momento l’esibizione per gli opportuni controlli.
L’annotazione, cristallizzando la situazione dell’impresa sottoposta a concordato, vuole evitare che il debitore possa compiere atti fraudolenti o possa dichiarare una ricostruzione infedele dell’attività di impresa. Un ulteriore aspetto, molto dibattuto in passato, relativo alla posizione dei creditori riguardava il fatto se ad essi, nella fase antecedente al giudizio di omologazione, fosse consentito prendere visione ed estrarre copia della contabilità dell’imprenditore ammesso alla procedura. Sul punto la giurisprudenza non ha subito oscillazioni, ritenendo in modo univoco che i libri contabili dell’imprenditore concordatario non possano essere assimilati agli atti depositati in cancelleria ed ha escluso una simile eventualità.
In considerazione del carattere più spiccatamente negoziale del concordato una volta che la procedura sia aperta, con la designazione dei suoi organi, il commissario giudiziale, che in questo caso non svolge funzione di vigilanza e controllo, individua i creditori in vista della loro convocazione predisponendone un elenco e ciò grazie all’elenco allegato dal debitore al ricorso di apertura della procedura. La documentazione presentata dal debitore non lo vincola il giudice che può apportarvi, se necessario, aggiunte e correzioni utilizzando la documentazione come eventuali dati che emergano a fronte di ulteriori indagini. Anche in questo caso ci imbattiamo nello stesso problema affrontato precedentemente relativo al coordinamento del 170 L.F. con il 161 L.F. in considerazione del venir meno dell’obbligo di deposito delle scritture contabili, ma facilmente superabile in considerazione del fatto che l’imprenditore è tenuto, ex art. 170 secondo comma L.F., a mantenere a disposizione del Commissario tutte le scritture contabili. Solo in tal modo il Commissario potrà riuscire a predisporre un elenco aggiornato dei creditori con l’indicazione delle rispettive cause di prelazione. Si tratta di un elenco che differenza di quanto avviene nel fallimento è privo di carattere giurisdizionale e che ha caratteristiche amministrative non valendo ai fini dell’accertamento dell’esistenza o meno dei crediti o degli eventuali diritti di prelazione. In tal senso il Tribunale di Trieste con sentenza, ormai datata, del 13 giugno 1991 ha riconosciuto che nel concordato preventivo, non ha luogo un accertamento giudiziale dei crediti, ma una verifica meramente amministrativa, effettuata al solo fine di determinare quali creditori abbiano diritto di partecipare alla deliberazione del concordato, restando impregiudicata ogni questione sulla sussistenza o misura del credito che deve essere risolta in sede di ordinario giudizio di cognizione e con il rispetto delle regole ordinarie dettate in materia di competenza. In ogni caso l’inserimento di un creditore tra quelli partecipanti al concordato preventivo non implica l’automatica ammissione del credito al passivo del fallimento eventualmente dichiarato.
In base ai crediti risultanti dall’elenco il commissario provvede a comunicare ai creditori, quando ciò sia possibile, a mezzo di raccomandata o di telegramma, data ora e luogo dell’adunanza, di cui la 174 L.F., indicando già quali siano le proposte formulate dal debitore sia allegando una copia del piano oppure predisponendone una sintesi. Grazie a questa informativa, non solo viene consentita una partecipazione più ampia possibile alla adunanza, ma anche una migliore informativa in vista del voto. Per tale motivo nella informativa vengono normalmente inserite anche altre informazioni, quali le modalità di espressione di voto, la possibilità di farsi sostituire da un mandatario, la facoltà riconosciuta ai creditori privilegiati, nel caso in cui nel piano sia stato previsto il loro integrale soddisfacimento, di astenersi dalla votazione perché in caso contrario perderebbero tale privilegio e infine l’avvertimento che la mancata espressione del voto equivale ad assenso della proposta. Nel caso in cui una simile comunicazione non sia realizzabile a causa del numero o per le caratteristiche degli azionisti il Tribunale, ex art. 171 terzo comma L.F., può autorizzare il Commissario a provvedere alla comunicazione a mezzo di pubblicazione su stampa, con un meccanismo che ricalca la notificazione a mezzo di pubblici proclami. Nel caso in cui vi siano obbligazionisti il termine della loro convocazione fissato nel decreto di ammissione viene elevato a sessanta giorni anziché a trenta. Per la loro convocazione è sufficiente darne notizia al loro rappresentante comune.
È il Tribunale che, come abbiamo visto, con il proprio decreto di apertura della procedura stabilisce in quale data si terrà l’adunanza dei creditori e il termine per fornire loro la comunicazione. Tale termine ordinatorio è di trenta giorni, salvo quanto sopra precisato. Il suo mancato rispetto non comporta alcuna decadenza, tuttavia in considerazione del fatto che l’intera procedura deve concludersi in sei mesi, prorogabili al massimo fino ad otto, l’eventuale dilazione dell’adunanza non deve far slittare tale termine per l’emissione del decreto di omologazione. Una volta fissato il termine per l’adunanza il Commissario deve svolgere tutta una serie di attività che si pongono come necessario corollario della stessa e che sono indicate all’art. 172 L.F. andando così a riassure la sua funzione di vigilanza e di controllo. Esso provvede a redigere l’inventario del patrimonio del debitore accompagnato da una relazione sulle cause di dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori. Il tutto deve essere depositato presso la cancelleria del Tribunale almeno tre giorni prima della data fissata per l’udienza. Se il deposito venisse a mancare la data dell’udienza deve essere rinviata, così da evitare di compromettere il diritto dei creditori ad arrivare in seno all’adunanza stessa con un quadro completo della situazione. Su richiesta del commissario è possibile che il Giudice nomini uno stimatore che proceda alla valutazione dei beni, la sua nomina è necessaria per procedere alla determinazione del valore di magazzino nonché per valutare i beni mobili e immobili di proprietà del debitore.
Il Commissario in questa fase ha un ruolo complesso. Deve provvedere all’esame delle scritture contabili, dei libri sociali, del ricorso presentato dal debitore, della relazione dell’esperto e dello stato analitico ed estimativo delle attività e passività e poi procede al confronto dei dati contenuti con quanto emerge dalle risposte ricevute dai creditori, ai quali viene precedentemente richiesto di precisare crediti e privilegi eventualmente esistenti. Il commissario ha il compito di provvedere alla redazione di una relazione particolareggiata sulle cause di dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato, sulle garanzie fornite dal debitore nonchè sulla precedente attività dell’imprenditore e sulle prospettive aziendale e liquidatorie. Se dunque sono venuti meno i requisiti di meritevolezza del previgente normativa deve essere posta in primo piano la valutazione di convenienza che i creditori sono chiamati a fare per poter esprimere il proprio voto. Questi saranno meno propensi ad accettare una proposta concordataria dove si ravvisi una gestione dell’attività non sempre avveduta. In tale prospettiva il commissario deve mettere in primo piano anche attività di occultamento o dissimulazione di parte dell’attivo, l’eventuale omessa denuncia dolosa di uno o più crediti o più in generale atti di frode posti in essere dal debitore prima della proposta di concordato capaci di incidere sulla genuinità dei dati dei dati contabili. La valutazione della proposta del debitore sull’idoneità delle garanzie offerte invece rappresenta un documento in grado di garantire ai creditori un quadro completo ed oggettivo per valutare la reale fattibilità del piano e la sua convenienza.
Dal momento che, a seguito della riforma, il piano concordatario predisposto può stabilire la non integrale soddisfazione dei crediti privilegiati, come già ricordato, a condizione che il piano preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato della vendita del benne oggetto di prelazione, nel caso in cui venga predisposto un concordato per classi, che preveda il pagamento ridotto dei creditori con diritto di prelazione, la relazione dovrà contenere anche un giudizio sulla corretta formazione delle classi.